Grande prova di attrice per uno dei testi più alti della drammaturgia di ogni tempo. La tragedia di Ecuba, il suo inconsolabile strazio per la perdita dei suoi cari, della patria, della propria dignità, non è relegata in un mito lontano ma echeggia, purtroppo, di sconsiderata attualità.

Caduta Troia, schiava di Agamennone, oltre ai precedenti lutti, Ecuba dovrà affrontare il sacrificio dell’amatissima figlia Polissena, che lo spettro di Achille esige sulla propria tomba per placare i venti contrari che hanno costretto la flotta achea a un forzato approdo in Tracia.

E a quelle rive le onde trascinano il corpo assassinato di Polidoro, il figlio giovinetto mandato a Polimestore, re di quella terra, perché proteggesse lui e il tanto oro che con sé portava, messo in salvo per i sopravvissuti. Atroce il suo dolore di madre quanto atroce la sua vendetta, senza ombra di rimorso… e senza luce di riscatto.

La regia sfoglia rispettosa queste pagine immortali, analizza parole e struttura e, dal 424 a.C., li trasporta in un’epoca senza tempo, che è ieri, che è oggi e che, con reiterata e sempre delusa speranza, ci auguriamo che non sia domani. Paola Quattrini impreziosisce la stilizzata ricostruzione arricchendola della sua encomiabile capacità di interprete, sensibile, eclettica, intensa, che solo una vita di dedizione al teatro può costruire.

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